sabato 27 Luglio 2024
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Lunga vita e prosperità alle aree interne del Paese

Negli scenari divenuti globali, in cui tutto è connesso, l’Italia intera è un Paese piccolo piccolo: il suo punto più a nord, tradizionalmente individuato presso la Vetta d’Italia sulle Alpi Aurine, dista soltanto 1.291 chilometri da quello più a sud, Punta Pesce Spada sull’isola di Lampedusa. Un territorio in gran parte montuoso ma ricco di santi, di poeti, di navigatori (anche fluviali) e di costruttori di strade, che hanno consentito a questo piccolo pezzo di terra di accumulare nei secoli una straordinaria varietà di esperienze umane che hanno lasciato tracce numerose e diverse che, stratificandosi, sono diventate paesaggi, tradizioni, culture e opere d’arte. Un immenso patrimonio che, per il 60% insiste nel territorio di piccoli Comuni. Molti nelle aree interne, dove un quarto della popolazione totale convive quotidianamente con carenze di servizi essenziali – scuola, sanità, mobilità – e la loro marginalizzazione appare abbastanza grave da essere ritenuta una grande questione nazionale.

Federico Massimo Ceschin attraversa questi luoghi con lentezza e con leggerezza, incontrando situazioni e comunità che hanno molto da raccontare. Dopo decine di pubblicazioni scientifiche, l’autore si cimenta in una narrazione che fa leva non tanto su importanti competenze ed esperienze quanto sulla propria capacità di ascolto, che diventa uno strumento per raccogliere testimonianze e proiezioni di futuro, come rimedi per attraversare il «Bel Paese» anche in tempi di paura e di incertezza.

Premessa breve

«L’esperienza umana viene raccolta, la sua condivisione organizzata, i significati concepiti, assorbiti e negoziati attorno ai luoghi. Ed è dai luoghi e nei luoghi che le pulsioni e i desideri umani nascono, vivono nella speranza di essere soddisfatti e rischiano una frustrazione che assai spesso si avvera».
Zygmunt Bauman

Lunga vita e prosperità alle aree interne del Paese

Uno studio della “School of Life” di Londra dimostra senza ulteriori inganni mentali che la bellezza dei luoghi è oggettiva, quindi calcolabile: “I luoghi sono un orologio mentale le cui ore battono al tempo del pendolo che oscilla tra gli investimenti per la manutenzione della loro bellezza e i danni causati dal tempo che la corrode e dai mostri che la deturpano, imbrattandola”.

Questo pensiero mi accompagna sempre, in particolare quando attraverso le aree interne del Paese, dove la relazione tra lo spazio, i luoghi, il tempo e la vita delle persone assume dei connotati densi di straordinarietà.

Per destino e per scelta, vivo la strana condizione del viandante di professione. Ovvero sommo una propensione naturale a camminare, spontanea per tutti ma intrinsecamente connessa al privilegio di essere nato a Venezia, al desiderio di libertà offerto dal girovagare senza apparente meta e inseguendo l’estro del momento — ereditata dai nonni montanari del Veneto e del Friuli Venezia Giulia — ad una competenza maturata visitando ogni angolo del Bel Paese per sostenere iniziative e progetti di sviluppo locale sostenibile.

Gli appunti di questo volume nascono come diario di viaggio. Un tour speciale, di città in città, di territorio in territorio, per conferenze e presentazioni di una precedente pubblicazione (“Non è Petrolio”) che ambiva a scuotere le comunità locali, chiedendo di adottare una vera e propria “rivoluzione dello sguardo”: guardare all’Italia intera muovendo dai margini e dalle periferie, urbane ed esistenziali, dalle aree interne, dalle montagne alpine e dagli Appennini, spina dorsale del Paese ferita dal sisma ma ancora immensa riserva di valore per gli italiani di domani.

Non sembri una parte residuale: il 60 per cento del nostro Paese è contraddistinto dalla presenza di piccoli Comuni. Un quarto della popolazione totale convive quotidianamente con carenze di servizi essenziali — scuola, sanità, mobilità — e la loro marginalizzazione appare abbastanza grave da essere ritenuta una grande questione nazionale.

L’Italia intera, in fondo, è un Paese piccolo piccolo, negli scenari ormai globali: il suo punto più a nord, tradizionalmente individuato presso la Vetta d’Italia sulle Alpi Aurine, dista soltanto 1.291 chilometri da quello più a sud, Punta Pesce Spada sull’isola di Lampedusa. Un territorio in gran parte montuoso ma ricco di santi, di poeti, di navigatori (anche fluviali) e di costruttori di strade, che hanno consentito a questo piccolo pezzo di terra di accumulare nei secoli una straordinaria varietà di esperienze umane che hanno lasciato tracce di queste storie, numerose e diverse, che sono diventate paesaggi, tradizioni, culture e opere d’arte.

Per valorizzare tale immensa stratificazione di storie e memorie, invito ad “agitare il patrimonio”, ovvero a rinunciare al fatalismo, allo spontaneismo, al pressapochismo, al qualunquismo e agli aspetti più deteriori del campanilismo per diventare tutti assieme “custodi di futuro”. Risiedono ancora in tutta la Penisola, isole comprese, una profonda spiritualità dei luoghi e una forte identità delle comunità locali, che chiedono di essere trasmesse alle prossime generazioni per continuare a produrre valore.

I più recenti dati Istat offrono un dato da leggere con attenzione strategica: oltre il 20% delle presenze turistiche registrate lo scorso anno si registra nei Comuni geograficamente e logisticamente più isolati, nelle aree interne, classificati come “periferici” o “ultra-periferici”. Nonostante i limiti di accessibilità, quelli in grado di stimolare una maggiore attrattività dei flussi turistici registrano persino una crescita sul piano demografico e sociale: tra il 2011 e il 2017 la loro popolazione è cresciuta del 2,1%, con un reddito pro capite aumentato del 6,5%, (due punti in più della media nazionale).

Questi appunti da “viandante di professione” non contengono altrettanta scientificità, ma la loro lettura indica la necessità e l’urgenza di un progetto unitario e nazionale, capace di sostenere e incoraggiare la transizione del Paese da sommatoria spontanea di motivi di eccellenza a sistema integrato di bellezze, paesaggi, colori, sapori, tradizioni, culture e produzioni. Un Paese da attraversare lentamente, da conoscere anche nelle sue parti più intime e riservate, oltre le mete più celebrate dai tempi del Grand Tour, che oggi soffrono fenomeni di overtourism, prese d’assedio da flussi sempre più aggressivi e irrispettosi che rischiano di cancellare per sempre memorie e identità. Un Paese da vivere nella sua dimensione sociale dolce. Un Paese da rispettare. Un Paese da amare.


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